Dicono di Me...
         Pubblicazione del
Corriere Mercantile di Genova

            Mercoledì  13 AGOSTO 2003
Pubblicazione di

Maurizio Cucchi

Su " Lo Specchio "
di Genova

1 NOVEMBRE 2003
Recensione
del
"Grappolo di Cristallo
a cura di
Luciano Garibaldi

pubblicata sulla
pagina Cultura del
Secolo D'Italia

22 OTTOBRE 2005
 
Recensione
del
"Grappolo di Cristallo
a cura di
Luciano Garibaldi

pubblicata sulla
Rivista Equilibrio

GENOVA
Annuncio della
Presentazione
del
" Viaggio di una Sprovveduta "

pubblicato sul
Corriere Mercantile

29 NOVEMBRE 2005

e sul
Secolo XIX

30 NOVEMBRE 2005
Recensione di Anna Pavone

Recensione di Francesco Garau
Fare l’amore come i ricci

L’amore che descrive Maresa nelle sue liriche è un amore aereo, o meglio il desiderio di un volo che è pura tensione verso l’infinito. Tensione verso un amore pieno che si rispecchia anche nello stile. Da una parte le frasi sono spezzettate, interrotte bruscamente da reticenze e nette cesure per poi risolversi in periodi più eleganti e armoniosi che rappresentano la liberazione dalle contingenze della vita, un poetare più libero ed elegante nelle descrizioni dei sogni. Così Maresa costruisce con abilità uno spazio metafisico tra il cielo e la terra in cui le immagini concrete della vita (come le immagini di elegante erotismo di “Voglio qualcuno” e di “Fare l’amore come i ricci”, gli intrecci di corpi eterei in “Se qualcuno mi ama”, il letto visto come tempio dell’amore, i visi che s’incrociano e le labbra che si sfiorano soltanto, come se avessero paura di lasciarsi travolgere dalla passione, la morte o meglio la “presenza dell’assenza” descritta con vivida percezione, quasi drammatica, nelle due prime liriche), queste immagini dicevo, anziché andare a cozzare, vanno a sublimizzarsi nelle immagini del sogno (i “centauri alati che aspettano soltanto di essere cavalcati, il motivo del volo che ritorna spesso fino alla fine, “tensioni verso gli azzurri spazi, sognati”). Quindi il sogno è per Maresa l’unico luogo possibile in cui poter realizzare il proprio amore? Come l’amor de lohn di Jaufrè Rudel, ma qui siamo proprio alle origini del discorso amoroso nella poesia (sec. XI). Ma non sembri troppo azzardato questo paragone. Ho ritrovato alcuni stilemi rudelliani proprio in queste liriche. Episodio a sé l’ultima poesia “La gabbia d’oro”; pessima perché troppo inzuppata di retorica. Si poteva evitare anche la postilla finale anche se scritta con eleganza e raffinatezza. Tutto ciò però non pregiudica il mio voto finale. Cinque stelline che fanno l’amore tutte assieme,… come i ricci!. Un orgia di stelline!!! :-)

 

Recensione di Claudia Magistri
Il Gabbiano e la Valigetta Nera

Giallo dai risvolti psicologici legato al mondo della legge. L'incontro tra due grandi personaggi, tormentati per motivi diversi ma forse con un comune denominatore: quello che si è disposti a fare o non fare, a credere o a non credere, per amore- ancora una volta tema principale di un'opera di Maresa Baur- con tutte le conseguenze che ne potrebbero derivare. L'ambientazione si snoda tra Napoli e la Sicilia, con pittoresche descrizioni, oltre che di realtà quotidiane (piccoli fotogrammi dei tempi moderni), di paesaggi di mare e resti archeologici, dove sembrano aggirarsi fantasmi del passato (che tanto passato forse ancora non è....), come l'ombra di un gabbiano che non riesce a spiccare il volo come dovrebbe.... Un romanzo che si legge con la curiosità di risolvere quanto prima il rebus: storia circolare abbastanza intrigante. Interessanti i dialoghi, coinvolgente ed esauriente la narrazione.

 
Prefazione di Luciano Garibaldi.
ASCESI E PATHOS


Maresa, maga della parola

«In principio erat verbum...», insegna il grande libro. La parola è tutto: può essere la miccia che accende la violenza, ma può essere il lenimento dell'anima; può essere la rivelazione della verità, ma può essere l'estremo inganno dell'illusione. Una cosa è certa: che nessuno più dei poeti sa far uso della parola. Nessuno come essi sa impiegarla come elemento fondamentale della struttura che è il sentire, il soffrire, il godere, la vita stessa.
Maresa Baur è una maestra nell'uso della parola. Con le parole dei suoi versi evoca vissuti e provoca emozioni, attenua la sofferenza e aiuta la speranza, trasfigura la tristezza della vita nella bellezza del sogno. Questa sua nuova raccolta di 36 poesie, che io ho avuto il privilegio e il dono di leggere prima che fossero pubblicate, è la conferma che tra noi esiste un'incantatrice d'anima che con le parole ci soggioga come siamo abituati a rabbrividire ascoltando la voce di una cantante lirica. Alcuni segni di matita, a mano a mano che le pagine scorrevano sotto il mio sguardo.
La poesia come ultima illusione («Ha sanato i miei dolori, / gli spasmi per la perdita / di chi m'aveva avuta / totalmente. / La voce d'un poeta / ha penetrato / il mio sentire / e di colpo / ho visto di nuovo / la luce dell'amore»).
La poesia come ricordo struggente («Notti di passione ... / le mani su lui continuamente / lo facevano sentire uomo / come non mai ... / e poi ... / sussurrava soffi d'anima / e tra le braccia sue / si assopiva»).
La poesia come sogno («La luce che io cerco, / la troverò soltanto / se la Fede / travestita da regina, / mi prenderà per mano / asciugando le mie lacrime»).
La poesia come speranza: («Ciò che prediligo / è la carezza di uno sguardo, / la voce che accompagna / il gesto, / la mano / che mi sfiora il viso, / l'abbraccio che fa scordar / la solitudine, / le parole stampate a fuoco / nel mio cuore»).
La poesia come amore: («Ma se ti fermi... / guardi l'altro in estasi / e vuoi la "sua felicità", / solo allora / il piacere si sublima, / un'ondata calda invade / e senti... / che vorresti morire / per una sua carezza»).
Questa è Maresa Baur.


 
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Tratto da "Giada ha paura dell'edera verde"
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Insieme al vignettista
Pietro Ardito

autore della copertina del
"Grappolo di Cristallo